
Si aspettava di
rispondere a qualche appassionato curioso, quando ha lanciato
sul proprio sito l’iniziativa “Intervista a Gigi”.
E’ stato travolto
da oltre 43000 mail provenienti da quattro continenti. Questo il
tentativo di Galli di rispondere a tutti, pro o contro che
fossero, a cuore aperto. Vista l’enorme quantità di richieste,
abbiamo organizzato le domande per argomenti e Gigi ha fornito
risposte ampie, per cercare di rispondere a tutti i quesiti,
anche se forse ci sarebbe voluto un libro…
Rallista per
caso. L'inizio della carriera.
L’inizio della mia
vita rallistica è stato tutt’altro che prevedibile. Da ragazzo
mi piacevano le corse su strada, ma non era proprio una
passione. Ci divertivamo a fare delle scorribande nel mio paese
(Livigno, ndr), specialmente d’inverno quando c’era tanta neve
sulle strade.
Era una giornata
estiva del 1991 quando, al bar con tutta la compagnia, ci fu un
primo vero segno. Tra una risata (e bevuta) e l'altra avevo
lanciato una scommessa: pagavo una birra a tutti gli amici se
non fossi riuscito a trasformare una semplice Fiat Uno in una
vettura 4x4 turbo. Loro la presero per scherzo, ma io no! Avevo
20 anni e lavoravo già da tempo come meccanico nell’officina di
mio zio. Ero consapevole dei miei limiti ma quella scommessa mi
diede una motivazione tale che, a testa bassa, mi misi
all'opera.
Prima delle
competenze meccaniche, il problema da risolvere era il denaro.
Avevo bisogno di una Fiat Uno, anche vecchia ed inutilizzata, e
di una vettura che disponesse di trazione 4x4 da cui prelevare
tutto il gruppo trasmissione per poi adattarlo alla piccola
utilitaria torinese.
Conoscevo
Fabrizio, un pasticciere di Livigno, che per noi tutti era una
sorta di guru delle competizioni perché aveva già corso diverse
gare del campionato neve-giaccio e sapeva come giravano le cose.
Andai da lui una mattina e gli chiesi: “Se appoggi
economicamente la mia idea, ti costruisco io la vettura da corsa
che potrai usare per disputare la gara del campionato
neve-giaccio che si svolgerà a Livigno in Gennaio!” Gli spiegai
a grandi linee di cosa si trattava e decise di supportarmi.
Servivano pochi milioni di lire, niente di “pesante” ma che
all’epoca non avevo assolutamente.
Superato questo
scoglio acquistai in recupero una Fiat Uno ed una Toyota Celica
ST165 incidentata. Non mi interessava lo stato estetico o
telaistico ma solo la trasmissione ed il motore in buono stato.
Bene,
il necessario ce l’avevo. Ora si poteva affrontare la sfida…
Diverse settimane
di impegno ininterrotto nei week-end e di notte durante la
settimana. Il venerdì ed il sabato sera, al ritorno dalla
discoteca, i miei amici si fermavano in officina per darmi una
mano, per farmi compagnia… Ricordo con molto piacere quelle
nottate passate assieme.
Fu un lavoro
incredibile, smontai completamente pezzo per pezzo la Celica:
adattai semiassi, differenziali, turbina, attacchi del motore
per montare il tutto sul telaio della Uno. Dovetti segare
addirittura l’albero di trasmissione perché era troppo lungo. La
concezione di quella macchina era una vera follia.
Comunque arrivò il
fatidico giorno: la messa in moto con relativo collaudo della
vettura. Per l’occasione era tenuta insieme in qualche modo,
senza portiere, senza cofano, senza parabrezza…
Assieme a Fabrizio
andammo sulla pista del paese per fare alcuni giri di prova.
Avevo vinto la scommessa: la vettura girava al meglio! Fabrizio
la faceva andare veramente forte ma dopo alcuni giri si fermò,
scese, si tolse il casco e mi disse: “ Gigi, la macchina è
straordinaria! Funziona tutto perfettamente, ma non posso usarla
per correre. Pensa se faccio un incidente o la rovino, tutto il
tuo lavoro, i tuoi sacrifici… Devi tenerla tu! Per i soldi non
preoccuparti, considerali come una mia sponsorizzazione…” Con
quella macchina mi presentai alla gara livignasca a cui era
stata destinata per Fabrizio. Ma al volante c’ero io: feci in
tempi record la licenza e tutto il resto per poter partecipare.
Peccato però che disputai solo il primo turno di pre-qualifiche.
Parto con grinta
nei giri di qualificazione…3,4,5…9 giri!!!! Dovevo farne solo 4
ma, preso dall’eccitazione della competizione, non vedevo la
bandiera a scacchi, i concorrenti fermi, i commissari a bordo
pista che gesticolavano ma ho notato - con sorpresa - alcuni
amici sulla strada che urlavano di fermarmi. Il direttore di
gara mi ha squalificato commentando: “La nostra unica speranza
era che finissi la benzina!”.
Dopo quella gara
fu cambiato il regolamento tecnico, che prevedeva che il motore
ed il telaio dovevano essere della stessa casa costruttrice.
Incredibile! Mi trovai costretto a comprare altre due Toyota
rottamate (quella originaria era disintegrata), una incidentata
a destra e una a sinistra per poter smontare tutto il materiale
dalla Uno e ricostruirlo in una scocca Toyota. Con la Toyota
ex-UNO disputai qualche altra gara anche fuori dalla Lombardia
finchè, nel 94 conobbi Giuseppe Rinaldi. Un grande appassionato
di corse automobilistiche, una persona saggia, molto più grande
di me, che veniva spesso a Livigno per fare qualche gara su
ghiaccio e ci divertivamo insieme. Una volta partecipammo
entrambi ad una gara di Endurance che io vinsi. A fine gara,
mentre ero seduto sul carrello da trasporto dell'auto da corsa,
Giuseppe mi si avvicinò e disse: "Se io fossi tuo padre ti
aiuterei per fare un Trofeo Monomarca, tipo 112 o 500 perché
secondo me potresti fare bene". Io ascoltai con attenzione le
sue parole, che per me avevano grande valore, e mi fecero
scattare dentro qualcosa. Non esitai: "Ok, allora lo faccio". La
sera stessa cercai sulla guida telefonica il numero della Stagni
Assicurazioni (Stagni era molto popolare in Valtellina per la
sua attività nei rally) per informarmi e farmi dare qualche
consiglio. Lui approvò la mia idea del Trofeo, perché poteva
essere uno sbocco accessibile per mettersi in mostra. Mi
indirizzò ad una sua scuderia bresciana che, casualmente aveva
una 500 disponibile. Comprai la macchina, che curavo da solo, e
Stagni mi procurò l'appoggio della scuderia con cui correva lui
per la logistica e l'assistenza: partivo da Livigno con un'Alfa
33 Station Wagon - presa in prestito perché aveva il gancio di
traino -, caricavo sul carrello la mia 500 che avevo rialzato
per la gara e la portavo alla scuderia a Como. Lasciavo lì
l'auto da corsa e andavo a fare le ricognizioni. Poi mi
raggiungeva il team della scuderia con l'auto da corsa e facevo
la gara. Quindi riagganciavo il carrello con la 500 e ripartivo
per Livigno dove preparavo la macchina per la gara dopo.
Dormivamo in roulotte, il navigatore preparava delle belle
carbonare per tutti gli iscritti al Trofeo… Fu un anno cruciale
per me, dove ho capito veramente cosa sono i rally.
Un’esperienza incredibile. A fine anno qualcosa si smosse,
ricevetti come premi dei treni di gomme nuove, arrivò il
sostegno da parte di alcuni team… insomma, piano piano, mi stavo
facendo largo.
Il 1996 fu un
autentico capolavoro, sicuramente il trampolino per la mia
carriera. Vincemmo molte gare quell’anno, ero carico al massimo
e alla fine vinsi il Trofeo 500.
Il premio per il
vincitore del campionato era veramente elevato e dava la
possibilità di poter investire questo denaro per un programma al
top per l’anno successivo.
Quindi venne la
Ford Escort Cosworth Martini del Jolly Club, e dopo la
Mitsubishi Lancer di Gr.N con RalliArt Italy, Vieffe Corse,
Mauro Nocentini… Ma questa ormai è storia “recente”, di soli di
12 anni fa….
Come è nata
l'opportunità nel WRC.
Nel
2002 la Mitsubishi, dopo alcuni anni di partecipazione al
Mondiale Rally senza grossi successi, decise di sospendere per
un anno il programma ufficiale. In questo lasso di tempo la
dirigenza della Casa contava di riportare il marchio ai livelli
di competitività che vantava fino alla fine degli anni ’90. Per
raggiungere questo obiettivo decise di riprogettare da zero la
vettura, ingaggiò ingegneri e motoristi di primo livello e
decise di puntare su nuovi piloti. Per questa ragione diede la
possibilità ad alcuni piloti, che già si erano affacciati al
Mondiale rally, di fare alcune giornate di test con la versione
2002 della Lancer WRC. Questi piloti erano Daniel Solà, Henning
Solberg, Kristian Sholberg ed io. Oltre ad essere una bella
iniziativa per inserire volti nuovi nel Mondiale, fu anche
un'intelligente mossa di marketing. Mi ricordo infatti che in
quei mesi si faceva un gran parlare di questa operazione: grazie
alle nazionalità diverse dei piloti (Italia, Spagna, Norvegia,
Finlandia e Francia con Panizzi) questa particolarità nella
procedura di scelta generò una grande attenzione da parte della
stampa specializzata mondiale.
Il programma
Mitsubishi dal 2004.
Mitsubishi aveva
programmato di affrontare i primi tre anni senza mire di
risultato. Come primo approccio, oltre a una serie di test
obbligati, era stato deciso di sviluppare la vettura in gara. Il
programma triennale aveva anche lo scopo di creare uno spirito
di squadra perché era un team che partiva da zero, con
personale, macchina e piloti nuovi.
Ricordo che
affrontammo il Rally di Montecarlo 2004, la prima gara della
nuova Lancer WRC, con pochissimi giorni di test alle spalle.
Il primo anno fu
molto duro per via dei molti problemi meccanici, anche durante i
test. Questo rendeva il tutto più difficile perché rallentava lo
sviluppo e l’affinamento della vettura, che era fondamentale per
farla crescere in termini puramente prestazionali.
Per il 2005 la
nuova formazione della squadra era composta da Rovampera,
Panizzi ed io. A parte Harri (Rovampera ndr), che era la prima
guida, l’impegno di Gilles (Panizzi ndr) ed il mio veniva deciso
di gara in gara, in base ai risultati. Non sapevo quindi quali
gare avrei fatto, su che fondi avrei corso. Ma logicamente
accettai di buon grado la situazione mettendomi a disposizione
del team perché il mio grande desiderio di trasformare la
passione in una professione stava per essere appagato…
Dopo le buone
prestazioni di inizio anno, la squadra decise di investire su di
me. Alla fine del 2005 avevo disputato 13 rally sui 16 in
calendario.
Isao Torii, Team
Manager della Mitsubishi Motorsport, mi diede la possibilità di
svolgere molti test. I risultati si vedevano in gara: da metà
anno in poi i tempi in prova migliorarono decisamente.
Nonostante avessimo una vettura ancora in piena fase di
sviluppo, molte volte riuscivamo a stare al passo dei leader.
Questa mia
crescita a fine anno fu coronata nel migliore dei modi: la firma
di un contratto triennale come prima guida per la Mitsubishi nel
Campionato del Mondo. La realizzazione di un sogno, il
raggiungimento di un obiettivo rincorso per tutta la vita!
Purtroppo poi, il
14 dicembre 2005, una telefonata… è storia…
Il dopo
Mitsubishi.
Mi è naturale
pensare che, in quell'ormai lontano dicembre 2005, l'inaspettato
ritiro della Mitsubishi dal WRC abbia giocato un ruolo
determinante sul futuro della mia carriera. È stata una botta
tremenda, mi è veramente caduto il mondo addosso la sera in cui
ricevetti quella telefonata. Era la mia prima grande occasione
di dimostrare veramente qualcosa. Avevo lottato e sacrificato
tanto per conquistarla e l'ho vista svanire in un soffio.
Malgrado questo, ho reagito e subito cercato di organizzarmi al
meglio per imbastire un programma per il 2006. Quell'anno
iniziai con la Lancer della RalliArt Italy per poi saltare a
bordo della Peugeot 307 (di Bozian prima e BSA poi). Sforzi ed
investimenti pesanti che però ci diedero la possibilità di
metterci in luce e di far vedere che eravamo ancora lì a
batterci con i migliori.
Anche per il
Campionato del Mondo Rally la fine del 2005 ha portato una vera
rivoluzione: i costruttori impegnati sono passati da 6 a 2.
Tutto il materiale delle squadre ufficiali ritirate era passato
in mano a team privati che, ovviamente, per correre chiedevano
soldi (tanti), puntando solo al loro business e non alla
promozione del marchio o del prodotto come i costruttori.
Gli anni
successivi ho potuto correre con una certa frequenza grazie
all’appoggio dei miei sponsor, di Pirelli, dei miei amici e
anche grazie alla penale pagata da Mitsubishi. L’intera somma
“recuperata” dall’abbandono della
casa
giapponese l’ho investita nella mia carriera e nelle mie
speranze. Forse è proprio per quest’ultimo aspetto che a volte
rimango male a leggere certi commenti che mi riguardano, cattivi
o immotivati, sui giornali e su internet.
Voci di debutto
nel drifting
Quando ho saputo
di articoli che parlavano del mio passaggio al drifting non ho
potuto far altro che sorridere. Questa è un’altra chiara
dimostrazione di come alcuni giornalisti raccolgano delle voci e
le trasformino poi in storie senza fondamento. Riducendo tra
l'altro il drifting a passatempo di esibizionisti con macchine
potenti. Tralasciando queste piccolezze, la realtà è che stavo
lavorando su un progetto molto articolato, un'operazione di
promozione dei rally altamente spettacolare - direi
cinematografica - che mantenesse la mia visibilità al di fuori
delle competizioni creando al contempo valore per potenziali
nuovi sponsor. Benché quest’idea non avesse nulla a che fare con
il drifting, vi posso garantire che la reazione delle aziende
verso questa disciplina è realmente entusiasta.
Questo mi ha fatto
pensare su cos’è diventato il “prodotto rally”. Ci vogliamo
rendere conto che oggi è più facile reperire sponsor facendo "il
tondo" che correndo sul Col de Turini innevato? Questo fatto
merita riflessione.
Hai mai pensato
ad un manager?
Eccome! È dal 2001
che lo cerco ma la situazione è assai diversa da come la maggior
parte delle persone pensano. Negli anni passati ho contattato
alcuni dei migliori manager sportivi in circolazione. Le loro
credenziali erano altissime e vantavano conoscenze in ogni
ambito. Quando però si informavano e capivano come gira il mondo
dei rally ricevevo solamente dei rifiuti.
L’unico periodo,
guarda caso, in cui ho avuto a fianco un manager è stato nel
2005, quando firmai il contratto triennale con Mitsubishi. In
quel caso nessuno aveva problemi ad accettare una proposta di
collaborazione ed un manager era necessario per consigliarmi e
per tutelarmi nei rapporti con il team. Al contrario quando non
si hanno rapporti con un costruttore, un manager servirebbe per
contattare e “agganciare” nuovi sponsor. Ma questo onere
complicato e molto specialistico in pochi se lo prendono.
La fase di
appiattimento del Mondiale Rally.
Dare delle
spiegazioni sul perché il Campionato del Mondo si sia trovato
con due costruttori e due piloti a poter lottare per il titolo
assoluto è difficile.
È logico pensare
che l’assenza di costruttori “alternativi” renda la vita più
semplice ai piloti ufficiali. Questo perché i mezzi (tecnici e
finanziari) di cui può disporre una squadra ufficiale sono
elevatissimi, rispetto a quanto possa permettersi un team
privato, anche per la diversità di obiettivi di cui accennavo
prima.
L'aspetto che
secondo me riflette maggiormente questo squilibrio di valori è
la possibilità di effettuare test. Basti un aneddoto
significativo: l’anno in cui ero in Mitsubishi (2005), prima del
Rally di Svezia avevo svolto 3 giornate di test dedicate alla
ricerca dell’assetto di gara più adeguato e alla scelta dei
chiodi. Si facevano almeno 200/250 km al giorno e ricordo che
l’ultimo dei tre giorni era mirato alla scelta dei chiodi da
utilizzare in gara: 7, 7,5 o 8 mm. Oltre al fattore
prestazionale, grazie ai test si raggiunge un feeling con la
vettura che ti avvantaggia nelle prime fasi di gara, mentre i
privati salgono in macchina magari dopo due mesi di completa
inattività. Sono dettagli che in una stagione si fanno sentire,
eccome…
La F1 e la Moto GP
a questo aspetto hanno già posto un correttivo: test ad inizio
anno e poi solamente in determinati periodi del Campionato. In
questo modo la Ferrari (che ha la pista fuori casa a Fiorano) o
la Force India, hanno la stessa preparazione pre-gara. Ed il
risultato si è visto nel corso della passata stagione, con
indubbio beneficio per lo spettacolo, il Campionato, l'audience
TV.
S2000 / Serie
IRC?
Molti,
moltissimi mi chiedono perché non ho dirottato i miei interessi
sull’IRC. Spero di poter dare ora una risposta esauriente perché
leggo e sento commenti sul mio conto che non rispecchiano la
realtà. Vengo spesso dipinto come il pilota orgoglioso che non
vuole fare un passo indietro, ma sfugge il fatto che non mi è
mai stato offerto un volante per correre in questa serie e
correre privatamente per sostenere una stagione al top comporta,
anche in questo contesto, dei costi molto elevati. Detto questo,
bisogna fare delle scelte. Per quanto mi riguarda, da quando ho
potuto misurarmi con piloti professionisti e ho ottenuto i primi
risultati in campo nazionale, il mio obiettivo di carriera è
stato sempre uno: correre al top nel Mondiale Rally. In questi
ultimi 10 anni ho puntato solamente a quello ed ho dato tutto me
stesso per riuscirci. Gli sforzi sono stati enormi, le decisioni
difficili da prendere, ma a guardare indietro non rimpiango
nulla. Adesso è inutile che stia a rinvangare nel passato in
cerca di cause o scusanti per giustificare il mio attuale stop.
In questo momento trovare sponsor pronti a sostenerti non è
difficile, è difficilissimo!
Purtroppo la
situazione è aggravata dallo stato in cui si presentano oggi i
rally, torniamo sempre allo stesso punto. Basti guardare dove
stanno investendo alcune delle case che erano impegnate nel
Mondiale Rally in passato: la Skoda sponsorizza il Giro
d’Italia, la Hyundai i Mondiali di calcio, la Seat l'Europa
League, la Fiat il team Yamaha, la Toyota la Fiorentina, la
Mazda sponsorizzava la Roma… Solo per citare quelle che erano
impegnate nel WRC.
Il rally non è più
considerato come una vetrina su cui puntare per “esporre” il
proprio prodotto. Un costruttore preferisce sponsorizzare una
squadra o un evento in una disciplina più visibile e più
pubblicizzata. E non si può dargli torto, prendendo atto del
demerito del Campionato del Mondo Rally.
Fino a quando non
crescerà la spinta a promuovere e valorizzare i rally dal punto
di vista della comunicazione purtroppo rimarrà tutto così com’è.
Comunque io ci
credo ancora, e continuo ad inseguire il mio sogno, che non sono
i soldi - credo si sia capito - ma la sfida per il gradino più
alto… E, se riesco a trovare le condizioni per correre nel
Mondiale, ci proverò ancora una volta. Che sono testardo è cosa
nota e, in fondo, sognare non costa nulla… |