26-09-2005   Bruce Dickinson

 

Lunga ed approfondita intervista fatta a Bruce Dickinson a riguardo delle sue fonti di ispirazione, dei suoi pareri sul suo ultimo album, del suo rapporto con Roy Z ed altro ancora! Pubblicata sul numero di giugno di Metal Hammer.

 

Qual è quello stato d’animo che ti fa sentire vivo, nervoso ed eccitato come pochi altri? L’inquietudine, fra gli altri. Guarda caso, il senso dell’inquietudine pervade da sempre la musica hard rock ed heavy metal come un sottile filo rosso – a volte quasi invisibile, a volte spaventosamente evidente – donandole intensità, tensione e pathos.

Dal punto di vista artistico, il Bruce Dickinson in versione solista vive e prospera sulla sua grande inquietudine interiore. Tanto “istituzione” e intoccabile negli Iron Maiden, come peraltro è giusto che sia, quanto ambiguo e inafferrabile quando si tratta di apporre sui dischi il proprio nome, il cantante inglese vive da ormai una quindicina d’anni in bilico fra queste due realtà. Due poli vicini eppure distanti, accomunati si dalla matrice heavy metal, ma separati da un approccio compositivo e da un contenuto lirico molto diverso. È vero che buona parte degli anni ’90 sono trascorsi lontani dalla Vergine di Ferro, salvo infine concordare che il distacco noceva ad entrambi. Però, se ben ricordate, all’atto della reunion nel 1999, una delle condizioni imposte da Bruce Dickinson fu proprio quella di non dover rinunciare alle amate digressioni per conto proprio. Segno, che se da una parte, la lontananza dal grande pubblico era diventato un cruccio sempre più gravoso, dall’altra la carriera “extra-Maiden” era ormai assurta allo status di lusso irrinunciabile. Paradossalmente, ci sono voluti ben sette anni per dare un seguito in studio a quel “The Chemical Wedding” che, secondo molti, aveva segnato l’apice di Bruce Dickinson. Il nuovo album “Tyranny Of Souls” ci ripresenta l’amato “Air Raid Siren” localmente sicuro e maturo come spesso lo è stato negli ultimi tempi, ma soprattutto umanamente inquieto, sfaccettato e affascinante come sempre lo vorremmo. Parola a un personaggio che ha scritto lunghe e gloriose pagine della storia dell’heavy metal, ma che a quasi 50 anni ha ancora voglia di rimettersi in discussione a di cercare, attraverso la musica, il senso della vita. Anche solo nell’accezione di Monty Phyton…

Cominciamo a parlare della sua proficua collaborazione artistica e umana con il chitarrista (e produttore) Roy Z, rinsaldata anche nel nuovo lavoro.

 

Ho conosciuto Roy ai tempi di “Tears Of The Dragon”, ovvero ai tempi dell’album “Ball sTo Ricasso”. In quei giorni continuavo a chiedermi se fosse ancora possibile suonare del rock metallico in maniera fresca e moderna. Qualcuno, mentre mi trovavo negli USA, mi fece ascoltare questa band senza contratto chiamata Tribe Of Gypsies e io rimasi a bocca aperta per la qualità del disco e, al tempo stesso, mi chiesi come fosse mai possibile che nessuna etichetta desse loro uno straccio di possibilità. Poi andai a vederli dal vivo e rimasi ancora più impressionato. Suonavano hard rock stradaiolo vero, quasi alla Rage Against The Machine, con in più quel tocco latino alla Carlos Santana che mi fece impazzire. Oggi i Tribe hanno finalmente inciso qualche album, ma il grande pubblico non si è ancora accorto  di loro, forse perché non hanno un’immagine buona per le TV musicali… tornando a quel epoca, quando incontrai di persona Roy gli feci un sacco di complimenti e lui mi rispose immediatamente che gli sarebbe piaciuto scrivere canzoni per me. Detto e fatto: il primo giorno che suonammo assieme, componemmo già cinque o sei brani… Da lì a portarli in Inghilterra a spese mie e a ari-registrare “Balls To Picasso” il passo fu breve, ma col senno di poi dico addirittura che avrei dovuto lasciare che fosse Roy a produrre il disco: sarebbe uscito molto più pesante e aggressivo. A un ascolto attento, ci si accorge che alcune delle idee di un pezzo come “Cycolops” si adatterebbero bene anche ai brani di “Tyranny Of Souls”, ma l’interpretazione è del tutto differente… in ogni caso, dopo la parentesi con gli Skunkworks, io e Roy ci siamo ritrovati per incidere “Accident Of Birth”, che in pratica fu prodotto da lui, e da quel momento la nostra intesa non si è mai più interrotta. Sono molto contento che sia stata riconosciuta la sua bravura di chitarrista, ma anche di produttore. “Angel Of Retribution” dei Judas Priest è un grande album pure per merito della sua maestria coi suoni!

 

Qual è il vostro punto di incontro a livello compositivo?

Il “vibe”, ovvero la magia. Tu puoi scervellarti quanto vuoi su di una canzone, e magari ottenere anche un discreto risultato finale, ma le vere, grandi canzoni le riconosci subito dalle buone vibrazioni di cui sono gravide. A volte, quando hai un blocco creativo, secondo me è meglio non insistere e aspettare l’ispirazione. È come quando t’innamori di una ragazza: ua mattina ti alzi e scopri che dentro di te è successo qualcosa, altrimenti non ti puoi costringere a provare un certo sentimento in maniera forzata. Ho rispetto per quei musicisti che compongono in maniera meccanica, quasi come se scrivere della musica fosse come un duro lavoro di fabbrica, ma preferisco un altro approccio e Roy la pensa come me.

Ho composto lo “scheletro di Tyranny Of Souls in due settimane circa, mentre mi trovavo in tour con i Maiden. Si è trattata di una rarità, per me, perché di solito le distrazione dalla tournèe sono tante e tali da impedirti di lavorare serenamente al songwriting. È difficile trovare il tempo e lo spazio per sognare a occhi aperti… e invece stavolta è successo. In Giappone, per esempio, una domenica mattina mi sono alzato molto presto e mi sono ritrovato a camminare per le strade di Roppongi, in mezzo a turisti americani e ubriachi vari reduci dai bagordi del sabato sera, ascoltando “Echoes” dei Pink Floyd in cuffia. Dopodiché ho ascoltato una mia canzone alla quale stavo lavorando e, nel frattempo, stava sorgendo il sole: mi sono seduto in un bar a contemplare questo scenario cittadino dalla finestra e a riascoltare di continuo il mio pezzo… A quel punto delle immagini fantastiche sono cominciate a sgorgare ininterrottamente, tipo invasioni di formiche sul ponte di Westminister per dirne una, e così è nata “Power Of The Sun”…

 

In generale, diciamo che i tuoi processi creativi ( specie quelli relativi ai testi) non sono molto lineari, anzi sembrano piuttosto essere astratti e criptici e nascere soprattutto dal punto di vista “visuale”.

Ok, adesso io ho spiegato il retroscena di “Power...” ma non èdetto che bisognasse per forza conoscerlo per apprezzare davvero la canzone. Spesso i miei testi, nel complesso, finiscono per essere una sorta di puzzle enigmatico e questo mi piace. Mi piace che le persone siano intrigate e pensino di aver capito il significato di un brano... salvo poi scoprire che un’altra persona ha magari attribuito un significato del tutto opposto! Non è un giochino mentale sterile da parte mia, perchè se in una canzone c’è della vera sostanza, un serio substrato lirico, questo comunque emergerà, aldilà delle varie interpretazioni. In principio avrei voluto intitolare il nuovo disco “Half Life” perchè, considerando lo sviluppo della mia carriera, sovente penso che la mia vita è stata così: sospesa a metà fra due anime diverse. Può sembrare un concetto un po’ codardo, un po’ debole, ma a mio avviso è una forma di introspezione onesta. Ho cercato di combinare questo ragionamento con l’interesse per la scienza e l’arte, proseguendo idealmente il discorso intrapreso su “The Chemical Wedding” a proposito di William Blake, alchimia e spiritualità... Il vero significato che sta dietro una canzone e il mio personalissimo viaggio mentale. Ma ognuno può avere il proprio...

 

Dove ti collocheresti, stilisticamente parlando, nell’attuale scena hard’n’heavy?

Con “The Chemical Wedding” l’intento di base era quello di catturare una certa pesantezza del suono, mutato dall’heavy rock degli anni settanta, in un contesto moderno. Molte band hanno fatto la stessa cosa, negli ultimi dieci anni, dimenticandosi però una componente fondamentale: avere un cantante decente che fosse in grado di interpretare delle belle linee melodiche. E’ tanto facile essere aggressivi quanto essere noiosi... Credo che il segreto sia quello di mantenere una sorta di “controllo” sulla pesantezza del suono, non di farsi sottomettere da esso. Questo è ciò che abbiamo provato a fare su “The Chemical Wedding”, focalizzandoci sulle canzoni. Quando è stato il momento di dare una forma a “Tyranny Of Souls”, le considerazioni iniziali sono state le medesime e, infatti, li considero due dischi collegati fra loro. Specie se penso ad un pezzo come “Kill Devil Hill”... In generale ritengo che i pezzi di “Tyranny...” siano persino più grintosi e potenti. L’attacco dell’album è molto veemente e concitato, mentre nella seconda metà subentrano delle atmosfere quasi prog-metal, con diversi cambi di tempo. Ecco mi piace l’idea di metal progressivo... o meglio, di un disco come un viaggio contrasegnato da una vasta gamma di emozioni differenti.

 

Sia “The Chemical Wedding” che “Tyranny Of Souls” sembrano essere opere ricche di citazioni letterarie colte: confermi?

Mettiamola così: se proprio decidi di prendere qualcosa da un autore, innanzitutto accerati almeno che sia morto da un bel po’ di tempo! (sorride, nda) Seconda cosa, fai sì di attingere da qualcosa di buono e non da della vecchia robaccia... Scherzi a parte, penso sinceramente che la letteratura classica, inglese e non, rappresenti un’ottima fonte di ispirazione. Amo il modo in cui certe opere, attraverso il loro linguaggio, trasmettono un feeling di ricerca interiore drammatico o addirittura apocalittico simile a quello che intendo trasmettere con i miei dischi.

 

Negli ultimi anni la tua attività musicale principale è stata quella con gli Iron Maiden. Come vivi oggi le parentesi soliste? Come una sorta di altra vita artistica parallela o le due realtà sono contigue?

Ormai le due cose sono così separate fra loro che non riesco più a vedere alcuna forma di conflitto. Non riesco ad immaginare i Maiden che firmano un album come “Tyranny Of Souls” il che per me significa molto perchè vuol dire che il prossimo disco con loro, a sua volta, non potrà mai suonare come lo stesso “Tyranny...”, anzi è probabile che sarà qualcosa di completamente differente. Ritengo che, per qualche strano motivo, finora “Brave New World” sia stato l’album dei Maiden con più similitudini con il mio materiale solista, mentre “Dance Of Death” è agli antipodi: spero che continueremo su quella strada, sinceramente. Tra un anno o poco più sarà ora di dare vita al nuovo lavoro e ciò mi eccita molto... perchè non ho ancora nessuna idea di come suonerà!

 

Avrai l’opportunità di andare in tour a supporto di “Tyranny Of Souls”?

Non sarà possibile farlo in questi mesi perchè, ovviamente, sarò molto impegnato con i Maiden. D’altra parte non credo nemmeno molto nei tour a ridosso dell’uscita di un disco a scopo promozionale. Credo che la gente avrà modo di scoprire “Tyranny...” in altri modi e poi, fra qualche mese, magari avrò l’opportunità di organizzare una serie di concerti. Sarebbe bello però se riuscissi a fare uscire Roy dallo studio e a coinvolgerlo... Vedremo. Mi piacerebbe per esempio partecipare a certi festival oppure a determinati eventi speciali; al contrario, non vedo l’utilità di fare un centinaio di date in piccoli locali in pochi mesi. Ragazzi, ormai ho una certa età e, se voglio continuare ad incidere dei dischi ancora a lungo, devo preservare le mie corde vocali!

 

Oltre alla musica e all’arte in genere, sappiamo che hai tanti altri interessi: la scherma e il volo su tutti. Come fai a conciliare così tanti hobby diversi fra loro?

A volte è una semplice questione di priorità, anche se non amo granchè questa parola... Per farla breve, si tratta di mettere in ordine i vari impegni, in modo da privilegiare ciò che più ti soddisfa e rende speciale la tua vita. E’ da tanto tempo ormai che non pratico più la scherma a livello agonistico, parlo di competizioni vere e proprie, ma appena posso mi ci dedico a solo scopo di divertimento. Altrimenti, sempre parlando di attività fisica, passo del tempo in palestra. Negli ultimi tempi sto conducendo poi un programma radiofonico alla BBC, ma non è un grosso problema: si tratta di trovare tre ore alla settimana e poi è un’esperienza molto piacevole. Per quanto riguarda la passione per il volo, potrei dire che è davvero la mia principale fonte di evasione. Sia, una delle cose più tipiche del music-business è che le persone che ruotano attorno a te pensano che tu hai in mente la musica per 24 ore al giorno. Così ragionando, a volte, pare che una sessione fotografica alle 11 del mattino sia l’evento irrinunciabile della settimana... si, più o meno per conto mio! Una volta al mese sono solito programmare le mie ore di volo e tutti gli altri miei impegni sono regolati di conseguenza. Se nasce qualche conflitto, si cerca di risolverlo: non è mai stato impossibile farlo. Certo, quando poi parto per le tournée, il discorso cambia radicalmente. A quel punto ritorno a essere un vero e proprio musicista...

 

info@airraidsiren.it

Copyright © Air Raid Siren Web Site